IL MARE
Dentro il Mar Mediterraneo
chapter 5

Dentro il Mar Mediterraneo

«I criminali libici fanno affari principalmente con il traffico di esseri umani e con il contrabbando di gas e petrolio, di cui il paese è ricco» afferma Nello Scavo, giornalista di Avvenire famoso per le sue inchieste sui trafficanti libici, in seguito alle quali è finito sotto scorta nel 2019. Risponde alle domande sulla Libia tramite un lungo messaggio vocale inviato da una sosta al confine tra il Libano e la Striscia di Gaza, dove sta seguendo gli sviluppi della guerra tra Israele e Hamas. «Se c’è un luogo dove il traffico internazionale di esseri umani si incrocia col contrabbando di petrolio e gas, quel luogo è il Mar Mediterraneo.»

Image Title
Libia Malta Italia

Di fronte alla Libia, anzi in mezzo, è già Europa: l’isola di Malta è uno Stato membro dell’Unione Europea che si trova al centro del Mediterraneo. È un’isola grande quanto un medio comune italiano, ma ha tutte le strutture di uno stato europeo – un governo, una magistratura, un parlamento – finite sotto la lente di ingrandimento dell’UE dopo le inchieste della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia, che ne ha denunciato la corruzione prima di essere uccisa, nel 2016, da un’autobomba vicino casa.

«Le milizie libiche – spiega Nello Scavo – rubano il petrolio nei giacimenti statali, poi lo caricano sulle petroliere che navigano fino alle acque maltesi. Una volta che il carico arriva qui, le autorità maltesi – la cui pratica corruttiva è stata denunciata proprio da Daphne Caruana Galizia in una delle sue inchieste – dichiarano che quell’importazione è lecita, e per via della libera circolazione delle merci prevista dai trattati europei, il petrolio di contrabbando inizia a circolare legalmente in tutta Europa»

Image Title
Daphne Caruana Galizia, cr. X

Appena 52 miglia a nord di Malta c’è l’Italia, principale approdo europeo per i migranti che attraversano la rotta libica o quella tunisina. L’Italia è una delle quattro grandi potenze europee – insieme a Germania, Francia e Gran Bretagna – e ha da sempre un rapporto speciale con la Libia, sua ex colonia ai tempi dell’impero fascista.

Un rapporto che si è rinnovato nel 2016 con la firma di un Memorandum, un accordo di cooperazione voluto dal ministro degli interni di allora, Marco Minniti (Governo Gentiloni) per arginare l’arrivo di migranti irregolari, in cui l’Italia si è impegnata a fornire finanziamenti e supporto alle autorità libiche, principalmente con addestramenti marittimi e consegna di motovedette, rivolti in particolare alla guardia costiera.

«Il punto è che la guardia costiera libica, che viene finanziata dal governo italiano, è espressione delle milizie marittime – gruppi armati non statali che controllano le coste – basti pensare che il comandante dell’accademia militare navale libica è il maggiore Abd al-Rahman al-Milad e appartiene al clan di Bija”, un trafficante libico a cui Nello Scavo ha dedicato una lunga inchiesta a puntate su Avvenire in seguito alle quali nel 2019 è finito sotto protezione.

Image Title
Nello Scavo, giornalista

L’ultimo report degli ispettori ONU in Libia, consegnato lo scorso 21 luglio, ha sostanzialmente confermato quanto ricostruito dalle inchieste di Avvenire in questi anni, cioè che la guardia costiera libica «cattura i migranti in mare e li riporta a terra, per poi affidarli a propri affiliati, che li portano a loro volta in campi di detenzione governativi, da cui passano nelle mani delle milizie locali – come quella dei Dabbashi o di Bijia – che riprendono il ciclo di torture ed estorsioni finché i migranti non vengono riportati sulle spiagge. A quel punto – prosegue Nello Scavo – un certo numero di barconi, composto da migranti che hanno pagato la milizia, viene fatto partire e raggiunge generalmente l’Italia, mentre un numero inferiore viene nuovamente intercettato in mare, così che la guardia costiera possa dimostrare ai suoi finanziatori di avere il controllo dei flussi migratori.»

Nella clip che sta per arrivare, il reporter italiano Marco Salustro ha filmato le azioni di una banda di pirati a poche miglia dalla costa di Zawiya, nel nord-ovest della Libia. «I pirati sono una figura singolare in questa vicenda – chiarisce Marco – non hanno niente a che fare con la guardia costiera libica, che anzi vedono come loro rivale nel traffico di esseri umani. Per i pirati il soggetto da rapinare non è il migrante, ma il trafficante.» Vediamo perché.

I finanziamenti italiani alla guardia costiera libica, nonostante le inchieste giornalistiche di questi anni e l’ultimo report pubblicato nel 2023 dagli ispettori Onu, non si sono mai fermati. Dal 2016 a oggi, tutti i governi venuti dopo Gentiloni – tanto quelli politici come i governi Conte I e il Conte II quanto quello tecnico di Mario Draghi – hanno mantenuto gli accordi con la Libia, compreso l’attuale esecutivo presieduto da Giorgia Meloni.

«Su questo, però, è interessante fare una considerazione – conclude Nello Scavo – infatti con il recente accordo sui migranti tra Italia e Albania – annunciato a Roma il 6 novembre scorso durante un incontro tra il presidente Giorgia Meloni e il premier albanese Edi Rama – anche il governo italiano ha implicitamente ammesso di non ritenere la Libia un porto sicuro», per questo ha cercato un altro storico partner con cui collaborare, l’Albania, che gode di una migliore reputazione agli occhi del diritto internazionale.

Image Title
Edi Rama e Giorgia Meloni, cr. X

L’accordo prevede la costruzione di due centri di accoglienza in territorio albanese – nel porto di Shengjin, sulla costa, e a Gjadër, in un’area più interna – dove l’Italia potrà trasferire i migranti soccorsi dalle proprie navi militari in acque internazionali. All’interno di queste strutture, finanziate e gestite dal governo italiano, si svolgeranno le procedure burocratiche per stabilire chi ha i requisiti per entrare legalmente in Italia e chi no.

Nel 2023, secondo i dati raccolti dall’IMO (International Maritim Organization), hanno provato ad attraversare il Mar Mediterraneo 188.510 persone. Il 71% è riuscito ad arrivare in Europa, anche se irregolarmente, un altro 28% è stato intercettato in mare da autorità come la guardia costiera libica, mentre il restante 1% è scomparso durante la traversata.

Come per il deserto, anche qui si tratta di dati poco obiettivi, perché molti naufragi rimangono sconosciuti: per esempio il MMP (Missing Migrant Project) dell’IMO, che che registra e documenta gli incidenti e i naufragi lungo il percorso, ha contato centinaia di resti umani sulle coste libiche che non sono collegati a nessun naufragio noto.

Image Title

Image Title
Image Title
Image Title

Quelle riportate nel grafico successivo sono le principali cause di morte dei migranti nel Mediterraneo Centrale registrate dall’inizio del 2023 e classificate dal Missing Migrant Project dell’IMO.


Image Title
Image Title
Image Title

Il Mediterraneo centrale è la rotta migratoria più letale conosciuta al mondo. Secondo il MMP, ciò è dovuto sia alla durata del viaggio, che può richiedere giorni di navigazione, sia alle restrizioni governative al lavoro delle ONG, sia a modelli di contrabbando sempre più pericolosi. I migranti attraversano spesso la rotta in gommoni indegni di navigare e sovraccarichi. Succede anche che più barche vengano lanciate contemporaneamente, il che complica in modo significativo gli sforzi di ricerca e salvataggio, fasi in cui il MMP registra carenze e lacune.

Nelle prossime immagini - l’ultima delle quali potrebbe urtare la vostra sensibilità - emergono i numeri e i corpi dei migranti che hanno affrontato la rotta mediterranea a partire dal 2014, anno in cui è iniziato il Missing Migrants Project dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni.

Next
Chapter 06